L’antico Santuario della Madonna del Pozzo

Storia e Documenti

di Olinto Pogni

Empoli, 20 Ottobre 1821

 

 

 

Il manoscritto autografo

 

Recensione poco benevola, per non dire una vera e propria stroncatura, inviata manoscritta da don Olinto Pogni a Emilio Mancini, pazientemente trascritta da Andreina, che l’ha ritrovata fra le carte d’archivio. l libro incriminato lo aveva scritto fra Sisto da Pisa, che aveva scartabellato nell’archivio della Madonna del Pozzo riordinato dal Pogni. Che naturalmente non gradì d’essere messo da parte.

 

Caricatura di Cafiero Tuti, pubblicata su uno dei Numeri Unici empolesi

 

Mi sembra che sarebbe stato meglio il semplice titolo: Il Santuario (meglio ancora: L’Oratorio) della Madonna del Pozzo. Dicendo l’antico sembra che la Storia che scrive si debba riferire ad un Oratorio che oggi non esiste più: invece l’Oratorio è il medesimo, e i documenti riprodotti riguardano la storia antica e moderna di quello.

 

Imagine in principio: SANTA MARIA DEL SUFFRAGIO. – La Compagnia è detta del Suffragio, non la Madonna.

 

Cap. I, p. 1

Emilia del Conte Guido Guerra prese a fondare (?) Empoli.

Se non erro, diè il permesso di fondarlo.

 

Cap. II, pp. 6 – 9

 L’Ospizio dei Pellegrini.

Quando mai l’Albergo della Cervia fu ospedale dei pellegrini?

La Compagnia di S. Andrea aveva, è ben vero, lo Spedale dei Pellegrini, ma questo trovavasi in via dei Guiducci, e fu poi ceduto dalla Compagnia stessa alla Monache Benedettine, nel 1531, per ridurlo a Convento. E’ appunto il locale dell’ex-Convento, oggi trasformato.

L’Albergo della Cervia era tale anche quando fu dato alla Compagnia da Donato di Perone, o Pierone (non del Perone, come è scritto a p.11)

 

Cap. III, p. 15

Vicinissima a quel pozzo stabilirono i devoti Empolesi di costruire la pia edicoletta ecc.

Come sa che fu il tabernacolo fatto costruire dal popolo? Non è più facile che
tanto il dipinto che il tabernacolo vi fossero fatti a spese del proprietario di quel
fabbricato?

Quel fabbricato non fu costruito appositamente per albergo, ma l’albergo vi si
impiantò più tardi, o può in origine aver servito a uso meno profano.

 

Cap. IV,  pp. 21 – 22

La depravazione dell’Ospizio empolese ???

Nessun documento, per quanto io sappia, accenna al libertinaggio né dello Spedale, né dell’Albergo della Compagnia di S. Andrea.

Forse l’A. ha fatto sua un’espressione del Lazzeri, ms, o di chi stese il “Ragguaglio” ecc. (Lazzeri???… Non mi pare suo stile), ma egli, come storico, non doveva accettarla di pieno assenso.

L’Albergo della Cervia situato in capo ad una piazza ove fu sempre uso di tenere i pubblici mercati e fiere…..isolato e libero da ogni banda ?

Era invece posto, come tutti sanno, di fronte ad un campo così incolto e trascurato, che appunto per questo si ebbe il nome di campaccio, campo che apparteneva agli Alessandri, e che almeno da un lato doveva confinare con altri campi. In un luogo così sconcio, e fuori delle mura, non si potevan tenere i
mercati e le fiere. L’A. afferma francamente che il nome di campaccio gli derivò dalla cattiva fama della gente che vi affluiva, cosa affatto errata.

 

Cap. IV, p. 22

Non molto prima dell’anno 1522 alcuni fra i più assidui frequentatori dell’albergo ecc…  quando uno di loro ebbe la peggio nel giuoco ecc…. Quindi fu che lo sciagurato preso e spinto da furore sacrilego impugna l’istrumento del giuoco od il primo sasso (non lo sa, l’A., né lo può sapere perché nessun documento ne parla?) che gli viene alle mani lo scaglia violentemente contro la Vergine. Tale la cagione tristissima di quel segno che, in forma di lividura, reca impresso la venerabile Immagine ecc.

Dove ha trovato questa data l’A. relativa al fatto, appoggiato a una tradizione che io credo di poco o punto valore? Altre imagini della Madonna hanno la stessa lividura e si narra l’istesso fatto sacrilego. Anche nel tabernacolo del Giardino, presso la porta fiorentina, a Castelfiorentino, esiste un’imagine affrescata, della Madonna col Bambino, e la Madonna ha quel segno, si dice, perché un giuocatore, perdendo nel giuoco, le scagliò una ruzzola nella faccia.

Il sacrilego giuocatore fu tosto convertito in quel colonnino di pietra, detto barbacane, che stava nella piazzetta dinanzi al tabernacolo (postovi certamente perché non vi si potessero introdurre barroccini od altro) ed era condannato dalla giustizia di Dio, a poco per volta, ad affondarsi, per poi completamente scomparire sotto il selciato. A quest’ora credo che sarà completamente scomparso,perché consumato affatto dal tempo.

Io ritengo che quel segno di lividura sia stato fatto a bella posta da chi dipinse l’imagine per muovere a pietà e, forse meglio, per indursi ad astenersi dal giuoco e più da qualunque oscenità in presenza dell’imagine stessa, cosa che avrebbe offeso gli occhi purissimi della Vergine.

Molte pietre, esistenti tutt’ora presso i tabernacoli e chiese, contengono il bando di non poter giuocare, né fare cose sconvenienti, tante e tante braccia a vicinanza del tabernacolo. Sulla facciata, ad es., della Basilica di S.Lorenzo si legge, o meglio leggeva (oggi bisogna saperlo) Li SS ri Otto proibischono non si pisci ne si facciano altre sporcizie ecc.

Presso la Madonna del Rifugio dipinta nel tabernacolo di via Marchetti, e di fronte al tabernacolo, in due pietre (quella presso il tabernacolo oggi è nascosta dalla calce) si ricorda che “L’Illustrissimo Sig.Podestà di Firenze inobisce a qualsiasi persona di qualunque ceto di giuocare a palla e pallottole, dalla Madonna che Piero di Stefano Sabbattini, oste in Empoli, ha fatto fare ecc.

 

Cap. IV, p. 24

Un incendio rapido… tutto quanto l’edificio strugge e consuma, lasciando di se pochi mucchi di cenere che il vento leva e disperde.

Bruciarono e si ridussero in cenere anche le pietre? Son di parere che anzi le pietre, sia pure affumicate servissero (né credo d’ingannarmi) alla costruzione della Cappella, come in seguito di tempo con quelle dei fondamenti si costruì il muro di cinta per la difesa della Cappella medesima.

 

Cap. IV, p. XIV

nota 14 Vien ripetuto l’errore che l’albergo fosse stato ospizio e si aggiunge che posteriormente alla distruzione di quello sorsero altri due spedali per opera della Compagnia di S.Andrea.

Lo spedale di Via Guiducci esisteva avanti che avvenisse il   detto incendio.

Cap. V, p. 29

da tutto il popolo si muovono le più insistenti e calorose istanze alla Compagnia di S.Andrea  ecc… voglia destinare tutto quel fondo ecc.

Qual fondo?… Nessun documento parla di questo. Il fatto è che la Compagnia di S.Andrea avrebbe incontrato una forte spesa a rifabbricare l’albergo perché la fabbrica aveva troppo sofferto, né poteva restaurarsi e, forse, anche l’utile che dava alla Compagnia quell’albergo era ben poco e non sosdifacente allo scopo.

 ”  ”     p. 30

Non passò pertanto quel memorabile 1522.  Questa data la dà il Lazzeri, ma non dice di  dove l’ha rilevata! Sarà anche vero, ma prima del 1530 credo che non si abbia notizia sicura.

 

Cap. VI, p. 35

Ciò si osserva per riguardo all’epidemia che infierì dal 1523 al 1530. In nota, p.XX, si dice:  che sono, in tre anni, i precitati casi ecc. riferendosi a questo ricordo: (Documenti del contagio  dal 1523-1530, Arch. della Misericordia di Firenze) “Empoli insino a di 11 Novembre 1525 v’è  morto 112 corpi e malati 27. Vorrà forse dire dal 1° Gennaio 1525 a Novembre 1525?” Del  resto, rammento bene d’aver letto che non si poté, in quel tempo, tenere esatto conto dei morti, perché non venivano seppelliti in chiesa, ma nei cimiteri di S.Donnino e di S.Mamante e,  se non erro, presso le capanne degli appestati, in Bisarnella.

 

Cap. VI, p. 39 

Andrea di Mariotto Ferranti che nel 1573 lo arricchiva (l’oratorio) di splendido e gratissimo dono…di 18 candellieri d’ottone. La nota (p.XXII) dice, interpretando l’iscrizione ANDA DI MARTTO FERNTE.  Andrea di Mariotto afferente (invece di Ferrante) e dice . Vedi Pogni. Il Pogni però non dice che fosse così munifico, Andrea Ferranti, da donare una muta di 18 candelieri. Forse nemmeno tutti son opera del Ferranti: ma è abbastanza chiaro che solamente quei due che portano inciso il suo nome li fabbricò e donò il Ferranti.

 

Cap. VII, p. 42           

Venne concepito un tal disegno (d’ampliarlo) fin dal 1613.

Chi ha detto all’A. che si pensò in quest’anno all’ingrandimento dell’oratorio? E se fosse già stato ingrandito in quel tempo? E se anzi quella data stessa indicasse il compimento della cupoletta? Egli mette in dubbio detta data nella nota, a p.XXIII di questo cap.VII, dicendo: Questa data, così afferma il Pogni, si vedeva ecc… Dubito peraltro che fosse invece il 1623 ecc. Io non l’ho veduta, ma ritengo che sia proprio il 1613, né vi sia dubbio che voglia indicarci quando vi (fu) collocata la lanterna.

Ma l’A. ha questo in mira: di protrarre più che può la data di quei lavori, perché vuole attribuire a tutti i costi, non solo la cupola, come fanno il Lazzeri ed altri, ma anche l’ottagono al Bonistalli detto Fracassa. E credo che tutta la certezza la basi sulla data 1621, anno della traslazione dell’imagine alla parete dell’ottagono. (Ved. p.46) Ma io, se ho letto bene, e bene inteso, (credo) stesse per vari anni nel centro dell’ottagono, dinanzi al pozzo. Dunque quella data non indica anche il compimento dello stesso ottagono di tempo un poco anteriore. L’ottagono è certo una buona e graziosa costruzione, ma non èpoi un’opera speciale; esistevano vari oratorii di forma ottagonale nel sec.XVI e XVII, di cui una del popolo di Vallecchio (Castelfiorentino), non ricordo ora a qual santo dedicato, o uno a Monterappoli, dedicato a S.Pietro, che fu profanato, e forse vi si trova tutt’ora.

Potrebbe essere che l’ottagono sia opera del padre di Andrea, Simone Bonistalli, e la cupola e il loggiato dello stesso Andrea.

I Bonistalli avevano la fornace presso il campaccio; e non è fuor di luogo il pensare che anche il padre di Andrea esercitasse il mestiere di muratore. Credo di esprimermi così, perché a quei tempi l’architetto non stava, come oggi, a veder lavorare, ma lavorava egli stesso, con le proprie mani.

 

Cap. VII, p. 42

Ebbe un figlio (il Fracassi) che gli premoriva nel 1642.

A me invece consterebbe che ne avesse avuti altri tre, oltre quello che egli ricorda, e che ha trovato nel libro de’ morti, mentre io li avevo trovati consultando il registro de’ battesimi. (da riallineare) In nota, poi, sbaglia dicendo 1641, stile comune 1642. La registrazione di tali partite de’ morti è proprio fatta a stile comune, e non secondo quello fiorentino e pisano. Quindi è proprio il 1641. Se fosse scritta la data secondo lo stile fiorentino, dovrebbe trovarsi il gennaio 1641 dopo il dicembre 1641; invece si trova dopo il dicembre 1640. Giovanni figlio d’Andrea morì dunque nel 1641 (stile comune).

 

Cap. VII, p. 43

Non si direbbe esagerato chi la proclamasse addirittura un’impresa ove si riguardi alla somma difficoltà di chiunque operi sur un vecchio edificio ?

Non sur un vecchio, ma presso un vecchio edificio. Quindi nessuna impresa, per questo lato, a parer mio. L’ottagono fu costruito interamente dai fondamenti e quando fu terminato non si ebbe a far altro, che crearvi l’accesso, mediante la demolizione della parete principale dell’Oratorio e innestare le colonne dell’arco anteriore colle mura della cappella antica.

 

Cap. VII, p. 50

Ridire i segni d’esultanza ecc.

Nel seicento, giacché lo dice costruito quasi alla metà di quel  secolo, non piacevano i fabbricati di stile severo, ma volevansi vedere pareti scialbate,  finestre rettangolari, soffitti dipinti e dorati ecc. quindi è più logico ritenere che nessuna, o ben poca esultanza potesse suscitare l’ottagono dell’oratorio; unica costruzione, a parer mio adattabile all’oratorio, per ingrandirlo?

 

Cap. XVI, p. 102

…ma si arricchì la medesima (fabbrica) di due stanze superiormente ed in basso per alloggiarvi i copiosi arredi e l’Archivio del Santuario.

Non è punto vero. I documenti d’archivio, legati in pacchetti, senza nessun ordine, stavano in un armadio nella stanza dei candelieri in quell’andito costruito sul fianco sinistro della tribuna, la cui porta metteva in via Roma. Fui io stesso che li tolsi di là, ove da molti anni si trovavano, e procurai che venisse costruito un armadiolo a muro, nella stanza dei parati, sopra la sagrestia.

Una di esse fu poi ingrandita l’anno 1855 sul fondo padronale graziosamente concesso dal Sig.Agostino Pini.

E’ questo, che dicesi stanza, il corridoio sopra nominato? Perché dal lato della sagrestia mi pare che non vi siano stanze che abbiano a essere state ingrandite nel 1855.

 

Cap. XVIII, p. 122

Fu scelto a tale uopo il loggiato e si ebbe intenzione di farne più che altro un cimitero illustre riserbato ai cittadini più illustri. Non lo credo affatto vero.

 

Cap. XIX p. 158

Un tal provvedimento (dell’affidare l’oratorio ai P.Scolopi) riscosse la generale approvazione e diè motivo di gioia indicibile al popolo.

Lo crede l’A.!

 

Cap. XX, Nota 3 p. 4

…      (?) Ne serba il ricordo della costruzione del pavimento questa iscrizione scolpita in una lastra del pavimento stesso ecc.

Fu l’iscrizione preparata da me per essere incisa ma non lo fu mai.

 


 

Empoli, 22 Ottobre 1920

O.Pogni