PERIODICI EMPOLESI TRA OTTO E NOVECENTO (1841-1922)

Mauro Guerrini

da: Empoli, nove secoli di storia, tomo II
Roma 2019, EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA

 

  1. Premessa bibliografica.

I periodici empolesi dell’Ottocento e del primo Novecento sono stati oggetto di vari studi. Ad occuparsene per primo fu Emilio Mancini (1883- 1947) – dirigente didattico, storico e giornalista, direttore della «Miscellanea storica della Valdelsa» dal 1920 al 1947 – in I giornali umoristici e i “numeri unici” empolesi, libretto edito dalla Tipografia editrice Lambruschini nel 19221.

Il suo lavoro fu riproposto nel secondo dopoguerra da Giuliano Lastraioli – erudito empolese, segretario di redazione e, quindi, direttore scientifico del «Bullettino Storico Empolese» dal 1996 al 2016 (ma in realtà dagli anni ’80, dopo la scomparsa di Mario Bini) –, in una serie di articoli editi tra il 1951 e il 1959 prima su «La Nazione» e poi su «Il Mattino», raccolti di recente in Empoli. Mille anni in cento pagine del 20142.

Il 9 marzo 1952, Corrado Masi – dal 1911 ai primi anni Venti redattore capo de «L’Unione», pubblicato a Tripoli (città in cui egli svolse per molti anni il suo lavoro legato alla carriera diplomatica)3 – commemorando Vittorio Fabiani (1875-1951), rievocò le vicende editoriali di «Vita Nuova», «Il Piccolo» e «L’Arno», letti nel contesto della vita politico-culturale empolese in età giolittiana.

 


1 E. Mancini, I giornali umoristici e i «numeri unici» empolesi, Empoli, Lambruschini, 1922. Pubblicato originariamente, a puntate, nel «Piccolo», 17 (1922), 11-15. In Ricordi e appunti del giornalismo empolese (1924) Mancini annunciò uno studio ulteriore sul tema, mai pubblicato.

Sulla intensa attività di questo studioso – che usava spesso lo pseudonimo di Spigolino per marcare il suo ruolo di lettore e raccoglitore di notizie altrui ricercate minuziosamente nei vari periodici locali – cfr. www.emiliomancini.it, sito web curato da P. Pianigiani, e E. Boldrini, Emilio Mancini, direttore della «Miscellanea Storica della Valdelsa», «Miscellanea Storica della Valdelsa», CXXII (2016), 2 (331), pp. 71-84.

2 G. Lastraioli, Empoli. Mille anni in cento pagine. Profilo di una città toscana, Empoli, Editori dell’Acero, 2014.

3 Di Emilio Mancini e Vittorio Fabiani sono presenti in Biblioteca Comunale “Renato Fucini” due fondi bibliografici e documentari.


 

Personaggio di grande erudizione, costantemente attento al territorio empolese, fu Masi a coniare l’espressione «Giovane Empoli» per riferirsi al gruppo di intellettuali che facevano capo a Fabiani, uno dei principali rappresentanti dell’intellettualità cittadina della prima metà del Novecento4.

Libertario Guerrini (1919-2008) – archivista, studioso della storia di Empoli e dei ferrovieri italiani – riesaminò sistematicamente i periodici locali conservati alla Biblioteca Marucelliana e alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze per preparare la sua nota storia del movimento operaio empolese5.

Dopo un silenzio durato quasi quaranta anni, venne la tesi di laurea in Storia del Risorgimento di Marco Mainardi su Il gruppo nazionalista empolese dell’età giolittiana (1909-1915), che prestava un’attenzione particolare alla stagione della Giovane Empoli, concentrandosi sull’analisi de «Il Piccolo», «Vita Nuova», «L’Arno» e del futurista «È permesso?!»6.

Infine, Fortunato Morelli (1927-1998) – appassionato di storia locale, in possesso di un’ampia documentazione ereditata dalla famiglia Del Vivo, industriali del vetro – pubblicò fra il luglio 1992 e l’ottobre 1994 su «Il segno di Empoli», edito dalla Pro Empoli, alcune schede di giornali sotto il titolo di Vecchie testate: rassegna di antichi giornali empolesi.

Da questa esperienza e da una ricognizione capillare nelle biblioteche fiorentine e tra le raccolte private di altri collezionisti (tra cui lo stesso Morelli) venne il catalogo Periodici e numeri unici empolesi (1841-1941), una descrizione bibliografica e storica curata, oltre che da Morelli, da chi scrive e pubblicata prima sul «Bullettino Storico Empolese» del 1994, e poi come volume autonomo nel 19947.

Il catalogo descrive quarantotto periodici e quarantacinque numeri unici pubblicati nell’arco di un secolo, dal 1841 al 1941, ed è organizzato in due sequenze: ordinamento cronologico dei periodici e ordinamento cronologico dei numeri unici; seguono l’Indice cronologico dei periodici e dei numeri unici, l’Indice alfabetico dei titoli, l’Indice dei nomi dei direttori, dei collaboratori principali e degli enti e l’Indice delle tipografie.

Nessun periodico empolese è riportato nei tre volumi Bibliografia dei periodici toscani dal 1847 al 1871 di Clementina Rotondi, pubblicati da Olschki nel 1952, 1960 e 1972 (numeri 21, 36 e 64 della collana Biblioteca di bibliografia italiana). Soltanto sei titoli sono citati da Giorgio Sacchetti in Sovversivi in Toscana 8.

 


4 Vittorio Fabiani e Emilio Mancini riscrissero interamente la seconda edizione (1920) di Empoli granaio della repubblica fiorentina, fasc. 58 de Le cento città d’Italia illustrate, edito a Milano da Sonzogno, dopo la prima uscita sul finire del secolo XIX; gli autori si firmano in calce alla pubblicazione.

5 L. Guerrini, Il movimento operaio empolese. Dalle origini alla guerra di liberazione, prefazione di R. Scappini, Firenze, Edizioni Rinascita Toscana, 1954, ripubblicato col titolo Il movimento operaio nell’empolese (1861-1946), Roma, Editori Riuniti, 1970; la ristampa del 2004 ha solo una copertina leggermente diversa.

6 Cfr. M. Mainardi, Il gruppo nazionalista empolese dell’età giolittiana (1909-1915), tesi di laurea, rel. C. Ceccuti, Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Scienze politiche “Cesare Alfieri”, a.a. 1992-1993.

7 Periodici e numeri unici empolesi (1841-1941). Catalogo, a cura di M. Guerrini – F. Morel- li, con la collaborazione di R. Giangrande, note introduttive di G. Lastraioli – U. Sereni, «Bul- lettino Storico Empolese», XXXVIII (1994); il catalogo fu poi edito in veste autonoma sempre a cura della pro Empoli (Empoli, ATPE, 1995).

Sorprendente l’assenza dei periodici ‘storici’ empolesi dalla Biblioteca Comunale “Renato Fucini”, che, almeno all’epoca, possedeva solo l’annata 1893 de «Il popolo empolese» (fondo Ridolfi), «Il Frugnòlo», qualche numero sparso di poche altre riviste e quattro numeri unici; la raccolta completa de «Il Piccolo», già di Vittorio Fabiani e, quindi, di Giovanni Vezzi, è detenuta in comodato da fine Novecento; possiede la riproduzione in microfilm e in fotocopia di diverse altre testate locali.

8 G. Sacchetti, Sovversivi in Toscana, prefazione di L. Di Lembo, Todi, Altre edizioni, 1983, p. 126.


 

 

  1. Le tendenze culturali e politiche dei periodici empolesi.

Il «Lunario empolese» è il primo seriale edito a Empoli; il titolo contiene l’anno di riferimento: «Il lunario empolese per l’anno 1842». Pubblicato dalla Stamperia e cartoleria Enrico Bertini nel 1841, venne diffuso in un numero considerevole di copie durante la fiera di settembre tra gli agricoltori e tra quanti desideravano avere dati e previsioni per l’anno successivo.

Si tratta di un periodico raro, in quanto già al tempo era destinato a essere gettato una volta assolta la propria funzione e, pertanto, non conservato dalle famiglie e dalle biblioteche (nelle cui raccolte non entrava affatto per- ché considerato un prodotto effimero)9.

Il primo periodico vero e proprio è «La voce dell’operaio», settimana- le democratico diretto da Ferdinando Gozzini, stampato a Empoli dalla tipografia Monti; il primo numero uscì il 23 agosto 1867 con la curiosa for- mulazione: «Si pubblica tutti i giorni di mercato [giovedì] nelle ore antimeridiane».

Pubblicò a puntate le Memorie storiche d’Empoli (citato successivamente nella forma abbreviata Storia d’Empoli) del canonico Luigi Lazzeri, arciprete della Collegiata di Sant’Andrea, che uscì poi in veste integrale e ad opera della stessa tipografia, con l’aggiunta di biografie di empolesi illustri a cura del prof. Alfonso Monti, editore e continuatore dell’attività iniziata dal fratello Lorenzo.

«La voce dell’operaio» dava ampio risalto agli avvenimenti minuti della città e del circondario, ma ebbe tiratura e diffusione limitate, e cessò le pubblicazioni dopo pochi fascicoli.

 


9 «Il lunario empolese per l’anno 1842». Empoli, Stamperia e cartoleria Enrico Bertini, [1841]. Sul verso della copertina: Anno 1 (posseduto in fotocopia dalla Biblioteca Comunale di Empoli).


 

Negli anni successivi usciranno vari altri giornali, sempre molto fragili e di breve durata.

Su posizioni progressiste sono «Il chiappatutto» (1871), diretto da Tebaldo Cesari, orologiaio in via Giuseppe Del Papa e poeta «a tempo perso» (autore di un volumetto di versi scritti in occasione di nozze), progressista e anticlericale, che si propone di «strombettare un po’ di tutto da far ridere a crepapancia il più misantropo abitatore di questa valle di debiti (…) e promette un giornale che «propugnerà sempre i diritti del popolo, l’istruzione e il progresso»;

«Il progresso», continuazione de «Il chiappatutto» (esce nel 1872 dalla medesima tipografia), diretto da Pietro Senesi, presumibilmente un maestro che teneva a casa propria una scuola serale di lettura, calligrafia, aritmetica, italiano e francese per adulti e ragazzi;

«Il lavoro», sempre del 1872, e successivamente i settimanali «La frusta» del 1890 e «La luce» del 1891.

Già un po’ più solido «Il lavoro», che uscì dal 18 gennaio 1872 al 4 gennaio 1874, per ben 103 numeri (un record per il tempo), redatto da esponenti della locale borghesia delle professioni di tendenze mazziniane (fra cui il dott. Gregorio Chianini, il dott. Ugo Chiarugi, l’avv. Corrado Ciardini, il dott. Olinto Del Vivo, il prof. Alfonso Monti), finanziato da famiglie empolesi della notabilità laica e collegato alla Società operaia di mutuo soccorso.

Fu solo nel corso degli anni Novanta che cominciò ad avvertirsi un cambio di passo.

A darne il primo segnale fu «La frusta», diretto dal democratico Enrico Petri, che uscì dal 27 aprile al 16 novembre 1890 per 28 fascicoli ed espresse posizioni di stampo democratico-mazziniane con vaghe venature socialiste, seguito da «La luce» – altro titolo significativo –, di più nitido orientamento democratico, la cui vita (breve: ne uscirono solo 18 numeri)10 coincise con la campagna per le elezioni politiche di quell’anno e col sostegno alla candidatura del socialista e massone prof. Giulio Masini (1857- 1937), medico di origine certaldese e docente all’Università di Genova che sarà rappresentante del territorio per molti anni.

Altre testate del periodo, culturalmente modeste e di durata breve, sono «La Lanterna» (1893), con un interesse particolare per i problemi educativi (dal 1861 a Empoli erano presenti le scuole condotte dai padri Scolopi nei locali dell’ex convento degli Agostiniani)11;

«L’avvenire» (1894), di cui escono solo due numeri; «Il pioniere» (1895), che giunse a quota ventidue;

di nuovo «L’avvenire», sempre con due soli numeri che di fatto si limitavano a pubblicare l’orario ferroviario dei treni da Empoli per Firenze, Livorno e Siena (che, sia detto per inciso, contavano all’epoca ben sette corse giornaliere, di cui due dirette sulla linea Firenze-Livorno e quattro sulla Empoli-Siena).

 


10 Il periodico sarebbe risuscitato per pochi mesi nel 1897.

11 Cfr. Il Calasanzio: cento anni di storia: 1889-1989, coordinamento editoriale di M. Guerrini, Empoli, s.t., 1989.


 

Più interessante il settimanale «La striglia», stampato dalla tipografia Guainai da domenica 9 marzo 1890 a domenica 9 novembre 1890, per complessive ventisei uscite; diretto anch’esso da Tebaldo Cesari, presenta in copertina l’immagine del treno a vapore che collega Livorno a Firenze tramite le tratte di Pisa ed Empoli.

Cesari così giustifica l’uscita di quel che si autodefinisce un «giornale serio faceto»:

«La mancanza in Empoli di un giornale che principalmente si occupi delle faccende locali ha solleticato l’ideale di alcuni benemeriti del progresso e dello sviluppo morale di questo paese per fondare un periodico settimanale» che, si aggiunge, «non si scosterà dai principi costituzionali, ai quali [l’Italia] si è votata, innalzando la gloriosa bandiera dell’invitta Dinastia di Savoia che ha sempre pugnato per la prosperità e la grandezza della nostra Patria».

Pubblicò articoli sull’ipotizzata ferrovia Empoli-Pistoia, sui pubblici lavatoi, sul monumento a Garibaldi; ma poi, di numero in numero, si trovò sempre più coinvolto nelle polemiche, comprese quelle con il «Nuovo ideale», «rivista di letteratura contemporanea e questioni sociali» diretta dal prof. Francesco Macry- Correale, filosofo e poeta di origine calabrese, con lo «Lo studente», foglio goliardico che uscì solo per due mesi, e con la «La frusta».

Col numero 5 del 6 aprile «La striglia» iniziò a pubblicare il racconto Iolanda o Il romanzo di due cuori, anonimo, che cessò bruscamente all’ottava puntata; ne era autore il sacerdote Domenico Macry-Correale, docente al Ginnasio comunale e poi al Collegio Calasanzio, ben presto ‘spretato’ per contrasti non ben chiari con le autorità ecclesiastiche e poi riammesso nel clero.

Famoso per i suoi atteggiamenti polemici, don Domenico a un certo punto decise di interrompere la pubblicazione del romanzo e ogni legame con il settimanale a causa della mancata pubblicazione di un suo articolo da parte del direttore Cesari.

Ma anche il direttore Cesari non mancava di vis polemica: lo dimostra la diatriba col maestro Adolfo Scardigli, che sul «Nuovo ideale» aveva sostenuto che l’empolese Alessandro Marchetti (1633-1714) – professore di filosofia e successivamente di matematica all’università di Pisa, noto come il primo traduttore in italiano delle opere di Lucrezio12 – era nato a Pontorme, mentre lui Cesari, sbagliando, asseriva che fosse nato a Empoli.

 


12 Cfr. Di Tito Lucrezio Caro Della natura delle cose libri sei tradotti dal latino in italiano da Alessandro Marchetti, Londra, per G. Pickard, 1717 (prima traduzione italiana).


 

Ma più in generale, come del resto annunciava il titolo, la rivista si caratterizzò per i suoi attacchi polemici in varie direzioni, e in particolare contro i fratelli Correale, «strigliati» in vario modo per aver tradito la causa del settimanale.

Cesari arrivava a contestare ai due ex redattori il cognome baronale Macry, appellandoli col più popolare Macri.

«Lo studente» – presumibilmente tramite il redattore capo Giuseppe Bettini – intervenne in appoggio dei due professori, ma fu subito attaccato da Cesari con toni arroganti:

«Quel pezzetto di carta del neo Studente di famigerata asinità, col rantolo della morte ha esalato i suoi ragli ed in quello stato di delirio ha sbertucciato la Striglia. Poveri bocciati, spincioni della stampa, la Striglia vi compiange!» (24 agosto 1890).

L’ultimo fascicolo del 9 novembre 1890 era dedicato al sostegno della candidatura alle elezioni politiche del barone Sidney Sonnino e dell’avvocato Guido Scaramucci.

 

  1. I principali periodici empolesi: «Vita Nuova», «Il Piccolo» e «L’Arno».

Solo tre periodici hanno una dimensione culturale e politica di rilievo per contenuto, durata significativa e prestigio dei suoi collaboratori: «Vita Nuova», «Il Piccolo» e «L’Arno»13.

 


13 Lastraioli, Empoli. Mille anni in cento pagine, pp. 89-91.


 

«Vita Nuova», che esce dal 22 settembre 1901 al 26-27 febbraio 1921 (e dunque per diciotto anni, seppur con numerose interruzioni), diretto da Ottorino Giovannelli con la collaborazione di professori, avvocati e operai di «sveglia intelligenza e di buona cultura» – fu l’organo della sezione empolese del Partito socialista; espresse posizioni riformiste e svolse un ruolo importante soprattutto in occasione degli appuntamenti elettorali: si può dire che al successo del Partito socialista corrispondesse il successo di «Vita Nuova» e viceversa.

Alle elezioni del 1902 i socialisti riuscirono a ottenere alcuni rappresentanti in Consiglio comunale e successivamente a vedere il proprio candidato eletto in Parlamento.

«Vita Nuova», infatti, perorava la causa di Giulio Masini, il quale riuscì a sconfiggere per ben tre volte, fra il 1904 e il 1913, il candidato antagonista: nel 1904 l’avvocato Angelo Muratori, nel 1905 Guido Donati e nel 1913 il marchese Gino Incontri, ironicamente soprannominato Pinocchio per le promesse mai mantenute, dileggiato dagli empolesi con l’ironica strofetta:

«Il Masini è deputato e l’Incontri s’è purgato».

Alla vigilia del conflitto mondiale, il 23 maggio 1915, il settimanale pubblicò un manifesto contro la guerra, a difesa della neutralità dell’Italia. Dopo la decisione di entrata in guerra del governo Salandra, però, «Vita Nuova» accantonò l’antimilitarismo e s’impegnò a favore dell’assistenza, della cura e del soccorso dei bisognosi.

Divenuto nel frattempo quindicinale e sottoposto in più occasioni a censura (vari numeri presentano pagine con spazi bianchi), sospese le pubblicazioni fino al settembre 1919.

Nonostante i contributi finanziari dei lettori – chiamati «fondi segreti» – «Vita Nuova» entrò in un periodo critico, anche a causa delle spese processuali che doveva sostenere, frutto delle querele che fioccavano contro il direttore.

A fine febbraio 1921, nel pieno della crisi politica italiana, il periodico – indebolito dalle aspre polemiche e fratture interne al partito socialista empolese e alle forze che ad esso facevano riferimento – fu costretto a cessare le pubblicazioni.

«Il Piccolo», che apparve nel 1906 e chiuse nel 1928, rappresenta l’esperienza giornalistica più importante registrata a Empoli; era espressione di alcuni giovani della piccola borghesia, di orientamento liberal-costituzionale all’inizio e poi sempre più vicini ai nazionalisti, con un marcato interesse al mondo cattolico, specie dopo il Patto Gentiloni del 1913.

A promuovere la pubblicazione nel 1906 fu per l’appunto il blocco costituzionale empolese – allora in posizione economico-politica dominante –, alla ricerca di un organo di stampa che potesse difendere i suoi interessi in funzione antisocialista e contrastare l’affermazione di «Vita Nuova», suo principale bersaglio polemico e all’indomani delle sconfitte dei propri candidati alle elezioni politiche del 1904 e del 1905.

Il settimanale fu il collante che teneva unite forze politiche diverse come i cattolici, i monarchici, i nazionalisti, i liberali e, dopo il 1919, i fascisti.

Mai tormentato da problemi economici, «II Piccolo» si presentò ai suoi lettori regolarmente per oltre un ventennio, fin quando una disposizione relativa ai settimanali di provincia emessa dal Governo Mussolini non ne decretò la «autosospensione».

Ne fu primo direttore l’avvocato Ferdinando Lami, con un comitato di redazione composto da Corrado Masi, dall’industriale chimico Gino Montepagani, da Maurizio Del Vivo, dallo scultore Guido Manetti e dal caricaturista Tomaso Fracassini.

A loro si aggiunsero, nel corso degli anni, in qualità di redattori o collaboratori, Vittorio Fabiani – protagonista occulto della vita del giornale –, Ettore Bucchi, figlio dell’ultimo gonfaloniere toscano, Giovanni Boeri, Luigi Mannucci, Emilio Mancini, Fabio Pandolfi, Vincenzo Chianini, Giulio Salvadori, Virgilio Carboncini, Giuseppe Masi e Alberto Castellani che – figlio del farmacista Olderigo, autodidatta, poliglotta, sinologo di reputazione internazionale, docente «per chiara fama» di Lingue e civiltà dell’Estremo Oriente a Firenze – è uno dei personaggi più rappresentativi di Empoli.

Chianini, nato a La Torre di Montelupo fiorentino, avvocato ed erudito locale, sposerà Elisa Fucini, nipote di Renato e sarà uno dei fondatori e primo direttore del «Bullettino Storico Empolese» nel 1957.

Costoro formavano prima di tutto un gruppo di amici che continuarono a collaborare al giornale anche quando gli impegni professionali – come successe a Masi – li costrinsero a lasciare Empoli.

Ma anche un personaggio come Enrico Corradini (nato e cresciuto a Sanminiatello di Montelupo) si sentì sempre molto legato al settimanale e vi intervenne di frequente; e per suo tramite gli inviarono loro scritti Giuseppe Prezzolini e Giuseppe Antonio Borgese.

Talvolta il periodico pubblicava stralci ripresi da «L’idea nazionale» e informava sull’attività del Circolo nazionalista empolese.

Alla vigilia della Prima guerra mondiale, l’ala monarchica guidata da Vincenzo Chianini, però, cambiò indirizzo politico e dopo la guerra «Il Piccolo» si allineò alle posizioni del Fascio empolese.

Il periodico svolse un ruolo rilevante in campo culturale: ampio lo spazio dato a letteratura, arti e teatro; molte, in particolare, le notizie sulla storia d’Empoli, sulla vita e sulle opere dei suoi più illustri concittadini, valorizzati talvolta attraverso numeri speciali: come accade per il medico e poeta Ippolito Neri, il medico e storico Vincenzo Chiarugi, i musicisti Ferruccio Busoni e Gaetano Fabiani, a cui si dedicò un «numero unico» addirittura nel 1929, a pubblicazioni terminate.

«Il Piccolo» rappresenta un importante archivio di memorie per chi voglia indagare sulla storia cittadina del primo quarto del Novecento.

Col consolidarsi del regime fascista, diversi autori preferirono però volgersi a studi di erudizione e trovarono ospitalità nella «Miscellanea storica della Valdelsa», sorta nel 1893.

Fra la prima metà del 1911 e l’inizio del 1912 la sezione empolese del Partito socialista si trovò in difficoltà di fronte all’offensiva dei nazionalisti che celebravano il loro trionfo con la guerra di Libia.

Falliti tutti i tentativi di ripresa delle pubblicazioni, il gruppo socialista di «Vita Nuova» decise di aderire al progetto repubblicano-massone ideato dai due amici fraterni Nino Bezzi e Paolo Emilio Del Vivo, di dar vita a un nuovo periodico, «L’Arno», con l’obiettivo di contrastare le posizioni del «Piccolo»: si qualifica in effetti come «settimanale democratico» d’impegno civile, schierato a favore della «civiltà progrediente».

Nino Bezzi – empolese, repubblicano, massone nella loggia «Humanitas» – vi svolgeva le funzioni di direttore, il diciannovenne Del Vivo – originario di Livorno, studente in diritto e in economia, uno dei personaggi di maggior rilievo della vita culturale cittadina della prima metà del Novecento – quelle di redattore; vi collaborarono molti socialisti dispersi dall’esperienza di «Vita Nuova», tra cui Vena Giunti e Riccardo Mannaioni, che nel 1920 verrà eletto sindaco.

L’esperienza – che di fatto proiettava sul piano giornalistico la politica bloccarda tentata con risultati deludenti nelle elezioni amministrative suppletive del 1908 – ebbe però breve durata, nonostante la condivisione di idee democratiche e anticlericali, e della comune avversione a Giolitti e all’impresa libica: del settimanale uscirono appena 46 numeri, da domenica 21 gennaio a domenica 1° dicembre 1912.

Comunque fu proprio su «L’Arno» che il deputato socialista Giulio Masini contestò la decisione giolittiana di attaccare la Libia, con cinque articoli dal titolo La guerra è un male.

E forse proprio questa netta presa di posizione pacifista lo aiutò nel 1913 a riconquistare il seggio parlamentare.

«L’Arno» pubblicò anche, nel numero del 18 febbraio, Il manifesto della massoneria empolese, e dette spazio alla «questione femminile» con due contributi firmati Clara, il primo intitolato La donna e la riforma elettorale (n. 20 del 2 giugno 1912), il secondo in favore del divorzio (n. 32 del 25 agosto 1912).

«L’Arno» non usa il linguaggio anticlericale e non ama la polemica di paese e il pettegolezzo che avevano caratterizzato negativamente «Vita Nuova»; afferma di voler parlare agli operai e ai contadini, ma si rivolge soprattutto alla componente massonico-repubblicana della borghesia.

 

  1. Tra umorismo e satira.

Ma in quegli stessi anni fanno la loro apparizione anche un altro tipo di periodici, votati all’umorismo e alla satira: il «Lanternino» (1909), di cui è proprietario responsabile e direttore Vittorio Mori; «È permesso?!» (1914), diretto dal prof. Mario Mazzinghi, pittore, caricaturista, polemista (e interventista); «Il Frugnòlo» (1922), di cui è direttore Donato Lilloni e disegnatore Cafiero Tuti (esce per soli 7 fascicoli).

Il «Lanternino» si compone di quattro pagine di ampio formato (50 cm), a due colori, con articoli spiritosi e soprattutto con caricature e pupazzetti di empolesi colti in pose simpatiche mentre passeggiano nel «giro d’Empoli».

Altre caricature e parodie notevoli, firmate «Fiamma» (Mario Mazzinghi, che disegna anche la testata), riguardano notabili empolesi, a partire dal sindaco cav. Angiolo Vannucci, per proseguire con il cav. avv. Ugo Chiarugi, l’avv. Vitaliano Traversari, l’avv. Umberto Salvadori, mentre «Lucignolo» disegna l’avv. Giovanni Lami, nonché i protagonisti di spettacoli teatrali e operistici, come Lydia D’Arsago, avvenente interprete della figlia d’Etiopia nell’Aida di Giuseppe Verdi, rappresentata al R. Teatro Salvini.

Inoltre, a testimonianza della consolidata fortuna di massa dell’opera lirica anche in periferia, «un ampio disegno rappresenta la parodia del finale dell’atto secondo dell’opera verdiana.

Il comm. ing. Paolo Del Vivo, console dell’Accademia dei Gelosi Impazienti, nella veste di re Faraone, circondato dalla corte dei signori accademici, dinanzi alla turba dei socialisti, sotto le spoglie dei guerrieri egizi ed etiopi, esclama solennemente: Cessi dinanzi all’arte | Lo spirito di parte | E nuova pace arrida | Alla celeste Aida»14.

 


14 Mancini, I giornali umoristici e i «numeri unici» empolesi, p. 16.


 

Sul numero del 7 marzo 1909 Alberto Manetti presentava i due candidati in competizione: il marchese dott. Gino Incontri e il socialista prof. Giulio Masini, disegnati come burattini che si bastonano di santa ragione sul palcoscenico del varietà.

Emilio Mancini lo considera «il migliore, se non il più duraturo, periodico interamente umoristico compilato fra noi, sia per la ricchezza delle illustrazioni, sia per la vivacità e la varietà degli scritti.

E, quel che più conta ed è più raro, il “Lanternino” seppe evitare pettegolezzi ed antipatie e non lasciò debiti. Con tante virtù – commenta Mancini – si capisce che non era nato per questo mondo …»15.

 


15 Ibidem, p. 18.


 

Il giornale è stampato dalla Tipografia R. Noccioli (che svolgerà un ruolo importante in città) e litografato a Firenze; gerente responsabile ne era Dario Salani e disegnatori principali «Lucignolo» (Alberto Manetti, poi famoso con lo pseudonimo di «Brivido») e «Fiamma», insieme a Dino Brogi, Curzio Ceccherelli (scultore pisano morto giovanissimo) e Paolo Marioni.

Autori, in prosa e in versi, Bezzi, Brogi, il dott. Gaetano Santini, Marioni ed Emilio Mancini, che firma il primo articolo.

Il fascicolo d’esordio andò a ruba, grazie anche alla distribuzione capillare curata dai giovani della Società ginnastica Emporium; sulla testata, in alto a destra, compare la scritta:

«La Redazione cede il 1° NUMERO a totale beneficio degli sventurati fratelli della Calabria e della Sicilia», in particolare di Messina, colpiti dal terribile terremoto del 1908.

L’incasso della vendita fu di 128 lire (ciascun fascicolo costa 10 centesimi): non poco per un periodico al suo esordio.

«È permesso?! …» (Tav. 6) viene pubblicato dal 12 aprile 1914 al 21 febbraio 1915, edito dalla Tipografia Lambruschini; «esce e si ficca tra la gente quando gli pare» e «pesca ogni 15 giorni» (ma la periodicità è di fatto poco rispettata), e si caratterizza per un humour talvolta non proprio elegante.

È forse il periodico più originale fra tutti quelli usciti a Empoli.

Fondato da un gruppo di dieci giovani; ha come redattori principali Alberto Manetti, Diego Brogi (pseudonimo: «Scettico), Luigi Morelli, Ferruccio Ferroni («num. 2»), Dino Guainai («num. 3»), Ubaldo Lilloni («num. 4»); vi compaiono come collaboratori occasionali Ugo Cinotti, Umberto Cecchi, Luigi Del Vivo, Emilio Mancini, Nino Bezzi, Clara Gori-Fratini («La Sibilla d’Averno», pseudonimo inquietante), Corrado Tafi, Ilario Scardigli.

Il periodico si dice «aperto a tutti gli intelligenti», aggiungendo:

«ogni scrittore esprime idee tutte sue. Solo una cosa ci accomuna: l’intelligenza».

Il primo fascicolo pubblica il ritratto di Renato Fucini, «il Maestro che Empoli si onora di avere per cittadino e per ospite». Il numero del 14 giugno 1914 dedica spazio (con articoli di Mazzinghi e Guido Antonio Manetti) al volo del ciuco in piazza dei Leoni, pratica abbandonata nella sua cruda tradizione dal 1861, ma costantemente rievocata con il ricorso a un asino di cartapesta.

«È permesso?!…» pubblica sfottò (soprattutto contro signorine e signore, con conseguenti polemiche), ballate, trovate spiritose e originali, racconti satirici firmati con simpatiche formulazioni: Il Decimino, Carciofo, Il 7 dei Dieci, La squadra degli asini, Macellari straordinari, Tango, Il cassista, Il macellaio n. 1, Raspino Radicchi, ex-candidato livellista

Vittorio Fabiani e Giovanni Boeri vi pubblicarono alcuni graziosi epigrammi. La cura reda-zionale ricadeva per la maggior parte su Mario Mazzinghi, il quale firmava i suoi contributi con pseudonimi, mentre usava il nome anagrafico quando pubblicava poesie e altre composizioni letterarie.

Disegnatore e scrittore futurista, Mazzinghi dedicò buona parte del ‘suo’ periodico all’esaltazione delle teorie di Filippo Tommaso Marinetti e del futurismo riviste in chiave empolese: propose, per esempio, d’intraprendere «la marcia della distru-zione», di abbattere tutto, compreso il «giro d’Empoli», con lo struscio delle donne in senso orario e degli uomini in senso opposto.

Marinetti gli inviò un messaggio personale:

«Ho ricevuto e letto con vivissimo piacere le vostre forti ed utili Pagine futuriste, con le quali avete iniziato un’energica propaganda in Empoli. Immagino le innumerevoli difficoltà, le barriere di cretinismo, i pantani di scettica inerzia pessimista, ecc. Voi avete l’ingegno ed il coraggio necessario per affrontare, sorpassare e vincere tutto ciò».

Come Marinetti, Mazzinghi esalta la guerra «sola igiene del mondo» e si dichiara interventista: ma anni dopo prese posizione contro il monumento alla Prima guerra mondiale progettato da Carlo Rivalta e Dario Manetti ed eretto al centro della piazza Vittorio Emanuele (già Campaccio), ribattezzata nel 1925 Piazza della Vittoria.

«Una volta – testimonia Emilio Mancini – espose l’autoritratto in stile futurista, capolavoro che, per gli occhi di un volgare passatista, poteva facilmente apparire, all’incirca, un ragno schiacciato dalla più profana delle scope»16.

L’attività di Mazzinghi rimane ancora da indagare; nessuno, per esempio, conosce oggi la sua attività pittorica, che è ampiamente testimoniata da Emilio Mancini e da altri suoi contemporanei17.


16  Ibidem, p. 23.

17  Il titolo della rivista è ripreso «amichevolmente» nel 1924 per un’altra impresa editoriale (come si legge nella presentazione del nuovo periodico).


 

    5. La stagione democratica si chiude: «Giovinezza».

Il 15 maggio 1921 usciva «Giovinezza», organo dei Fasci di combattimento del circondario di San Miniato (Pisa) e successivamente organo del Fascio italiano di combattimento di Empoli; è espressione di un fascismo violento di stampo populista che si richiama alle origini anarco-sindacaliste del fondatore e direttore Sergio Codeluppi (dal maggio 1922 al marzo 1924), segretario politico del Fascio di Empoli.

Al foglio collaborava anche Vitruvio Cinelli, futuro sindaco e podestà dopo un trascorso nello schieramento di sinistra, con sospetta complicità nei Fatti d’Empoli del 1° marzo 1921.

Il settimanale (che usciva la domenica) combatteva il ‘vecchio’ establishment monarchico-liberale; ne fece le spese, per esempio, il giovane industriale Antonio Del Vivo, accusato di non aderire al fascismo.

Alle elezioni politiche del 1921 il periodico sostenne Idalberto Targioni, il poeta che aveva cantato «l’aurora del socialismo nelle campagne e nei borghi lungo l’Arno», e Giovanni Rosadi, già liberale.

Perorò l’elezione al Consiglio comunale di Agnoletti, Bonelli, Bosi, Capanni, Casoni, Chiostri, Fossombroni, Franceschi, Martelli, Meoni, Meschiari, Philipson, Rosadi, Rotigliano. Nel primo numero Idalberto Targioni scriveva:

Due eserciti stanno per incontrarsi: uno di essi vuol salvare la Patria, l’altro distruggerla. I comandanti dell’uno e dell’altro campo si appellano ai liberi soldati invitandoli a entrare nei ranghi del proprio esercito. I soldati hanno libera scelta: o coll’esercito amante della Patria o con l’altro nemico della Patria. (…) Il partito socialcomunista che da oltre due anni domina non soltanto nella barbara Russia, ma anche in Italia, ha fatto non pochi esperimenti e tutti abbiamo provato, più o meno, la bontà, la libe- ralità, la giustizia e l’alta sapienza di quello che sarebbe l’Ordine nuovo e la Dittatura proletaria se giungessero a trionfare. La libertà di due anni di scioperi, di boicottag- gi, di logoramento della ricchezza e della produzione esercitati ed applicati su larga scala dal bolscevismo italiano, hanno danneggiato l’economia nazionale quanto e più di quattro anni di guerra. (…) Rifaremo noi la storia dei fatti, dall’abbandono delle messi lasciate sui campi, (…) ai massacri di Empoli.

«Giovinezza», che naturalmente ai fatti del 1o marzo 1921 dette molto risalto, chiude un ciclo.

Con l’avvento del fascismo la pubblicazione di riviste politiche cessa, ed escono solo riviste umoristiche.

Tra queste, «Il Frugnòlo» (Tav. 7) uscì da domenica 15 ottobre 1922 a domenica 7 gennaio 1923 presso la storica Tip. A. Lambruschini & C. In esergo si legge (Presentazione a … scappa e fuggi!):

Signori, io sono il Frugnòlo, un giornalino umoristico-satirico che vi vorrebbe far ridere a tempo perso. Siate benevoli con me, non mi vogliate criticare tanto se no io … me ne frego! Volete voi conoscere il mio programma? Compratemi sempre e lo conoscerete senza che ora perda tempo ad illustrarlo. In poche parole però sap- piate che io, trattando e bistrattando ogni argomento alla rovescia, ve ne mostrerò il diritto a differenza dei giornali cosiddetti serî, che, fingendo di trattare per il diritto questa o quella cosa, ve ne mostrano il rovescio!

Sul n. 2 di domenica 29 ottobre 1922 – il giorno successivo alla Marcia su Roma – si legge:

«E con il nuovo … rigovernatore della signora Italia, la storia dirà, esalterà, glorificherà, eternerà il “Frugnòlo” che con le sue pubblicazioni ha destato un rumore superiore a quello provocato dal discorso di Giolitti, e certo pari a quello del discorso di Mussolini».

Il ‘fondo’ proseguiva citando I giornali umoristici e i «numeri unici» empolesi di Emilio Mancini:

«Sicuro, la storia dei … giornali umoristici di Empoli (che il Prof. Mancini ha scritto e … continuerà a scrivere) dirà quale e quanto grande sia stato il successo! Alle nove e mezzo (lo storiografo prof. Mancini prenda appunti) la nostra prima tiratura era esaurita. Alle undici le rotative dei … nostri due stabilimenti (tipografico l’uno, litografico l’altro) sono di nuovo in azione».

A giornale stampato, «Il Frugnòlo» aggiunse due pagine speciali dedicate alla Marcia su Roma:

Mentre partiamo. Il giornale era già composto e stampato, quando dal Duce supremo – che ha saputo così mirabilmente organizzare e condurre tutta la balda, intellettuale, ed entusiasta giovinezza, giovinezza italiana, sulla via della città Eterna, da cui dovrà fra giorni risplendere, dal sacro colle del Campidoglio, l’immensa face che darà luce e splendore alla patria nostra – giunse l’ordine di partire! E noi partiamo col cuore fremente e l’anima entusiasta, come i volontari del biondo  Eroe dei due mondi. Partiamo, consacrati per la morte se occorre, ma con la volontà ferrea di rinnovare la Grande Madre Italia18.

 


18 «Il Frugnòlo», 2 (29 ottobre 1922), p. 10.


 

Ciò dimostra senza equivoci che il periodico non si occupava solo di umorismo. Alcuni suoi redattori (Cinelli, Sillani…) collaboravano al «Piccolo».

Il n. 6 del 24 dicembre 1922 pubblicava una disquisizione sulla definizione di Frugnòlo «data dal Petrocchi nel suo Dizionario: “Lanterna a riverbero usata nella caccia notturna degli uccelli”».

Le caricature, disegnate da vari vignettisti, i racconti e i testi teatrali (alcuni dei quali scritti in vernacolo empolese) sono di buon gusto.

 

  1. Prospettive.

Molti periodici empolesi contengono numerose inserzioni pubblicitarie, talora una pagina intera, che andrebbero analizzate sia nella loro connessione con l’economia locale sia come elaborati artistici.

Mancano studi sulle tipografie locali, ben radicate nel tessuto produttivo cittadino, la cui presenza ha una relazione diretta con la stampa di un elevato numero di periodici (della cui tiratura e diffusione, peraltro, non sappiamo quasi niente).

Uno studio organico delle decine e decine di articoli pubblicati su questi periodici potrebbe aiutare a conoscere meglio la storia di Empoli, le dinamiche di alcuni eventi particolarmente significativi, le attività di alcuni protagonisti.

Dal democratico «La voce dell’operaio» al fascista «Giovinezza», per riprendere le parole di Emilio Mancini,

«corrono cinquantacinque anni, durante i quali ben ventisette periodici – salvo errore – nacquero fra le nostre mura, svariatissimi naturalmente per colore politico, durata e importanza»19

Un bel riconoscimento della vivacità del ‘quarto potere’ a Empoli; un quarto potere rappresentato da un nucleo ristretto di intellettuali che partecipa alle varie imprese editoriali, saltando da un periodico all’altro e che, pur nella diversità delle opinioni di ciascuno, forma una ristretta koinè impegnata a commentare le vicende politiche e culturali del momento e talora a farsene interprete.

Giuliano Lastraioli ricorda che Empoli è rimasta «castrum et terra» e non ha mai compiuto quel necessario salto di qualità che l’avrebbe trasformata in «civitas»20; si può riconoscere che neppure i periodici empolesi pubblicati fra ’800 e ’900 riuscirono ad andare oltre una dimensione locale: nondimeno testimoniano un’umorale vocazione a una presenza attiva della città nel tessuto politico, culturale e artistico della modernità senz’altro degna di attenzione e di studio.

 


19  Mancini, I giornali umoristici e i «numeri unici» empolesi, p. [5].

20  Lastraioli, Empoli. Mille anni in cento pagine, p. 3.