In memoria di Mons. Gennaro Bucchi

 

di Vittorio Fabiani

 

da: Miscellanea Storica della Valdelsa n. 128 – 129, XLIV, anno 1936

 

Monsignor Gennaro Bucchi

 

Giovedì 6 febbraio, a ore 17,30, dopo lunga malattia sopportata con la rassegnazione dei giusti, spirava nel bacio del Signore, a 80 anni (era nato il 29 gennaio 1856) Mons. Gennaro Bucchi.

Non farò ampio discorso sulle virtù dell’ Estinto: i pochi cenni qui stesi, con la più viva commozione dell’animo, in tutta fretta, appena si sparse in Empoli la dolorosa notizia della sua morte esemplare, attendono di esser completati da più pacata disanima.

Gennaro Bucchi trascorse tutta la sua vita nello studio e nelle opere della pietà.

Dopo aver frequentato il patrio Ginnasio retto allora dai PP. Scolopi e terminato i corsi classici nel Seminario di Cestello in Firenze, si laureò nella Università Teologica e fu aggregato al Collegio Teologico Fiorentino.

Insegnò, quindi, latino, greco ed ebraico nel Seminario Arcivescovile di Firenze; dogmatica e filosofia in quello di Firenzuola, di cui fu anche Vicerettore; filosofia nel Liceo di Empoli, negli ultimi anni di permanenza dei Calasanziani all’Istituto Scolastico di Via dei Neri.

Fu Segretario per vari anni di S. E. Mons. Marcello Mazzanti, ex professore dell’ Università di Pisa, Vescovo di Pistoia e Prato.

Canonico di San Frediano in Cestello; Proposto, in seguito a concorso, della empolese Insigne Collegiata di Sant’ Andrea Apostolo; uno dei Dodici del Collegio Teologico fiorentino; R.° Ispettore bibliografico onorario, R.° Ispettore onorario dei Monumenti per il Circondario; membro dell’ Accademia Empolese di Scienze, dell’ Accademia Samminiatese degli Euteleti, della nobile e vetusta Colombaria di Firenze, e del Consiglio Direttivo della nostra Società Storica della Valdelsa (della cui Miscellanea, dopo la morte del prof. Giuseppe Rondoni, tenne pure per qualche tempo l’ interim della Direzione); insignito fin dall’ 88 della decorazione Pro Ecclesia et Pontifice e, nel ‘909, dal Ministero della Pubblica Istruzione, della Croce Mauriziana, il Bucchi conservò sempre dignitosa semplicità di vita e quella inalterata affabilità nei modi, che la non infinta pietà e la cultura umanistica rendono quasi un abito nell’ uomo d’ animo nobile e generoso.

Perché a Mons. Bucchi non solo si debbono atti ininterrotti di carità, compiuti senza iattanza né vaniloqui secondo lo spirito del Vangelo, per tutto il tempo, in special modo, in che esercitò l’arduo ministero di Pastore (un cinquantennio!), ma altresì in campo diverso, qual è quello delle Belle Arti, in cui fu Maestro sapiente, lodevoli iniziative come il riordinamento della Pinacoteca empolese e l’indovinato restauro della facciata del tempio maggiore.

Quanto poi Egli fosse profondo, vario e geniale scrittore mostrano i suoi diversi lavori, quali:

 

  • L’Amore secondo la dottrina dell’Angelico,
  • Le Passioni secondo la dottrina dell’Angelico,
  • Il Microcosmo secondo la dottrina dell’Angelico;
  • La Collegiata di S. Andrea di Empoli,
  • L’Assedio del Castello di Empoli,
  • La Battaglia di Marciano,
  • La Chiesa di S. Agostino di Empoli,
  • I corali miniati della Ins. Collegiata di Empoli (ne « L’Illustratore Fiorentino » compilato dal Carocci);
  • il Decreto di Unione della Chiesa Greca con la Latina conservato nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, col Facsimile del Decreto di Unione (nella « Rivista Fiorentina, Periodico mensile, Italiano, Francese e Inglese »);
  • San Sebastiano nella Pinacoteca della Insigne Collegiata di Empoli;
  • Una gloria di Empoli – P. Francesco Maria Bucherelli della Compagnia di Gesù, Martire del Tonchino;
  • gli articoli sul castello di Monterappoli; sulle ossa del Boccaccio, sulla tomba e le ceneri di Vincenzio Chiarugi ecc. (nella  « Miscellanea storica della Valdelsa » ); ed altri articoli pubblicati in varie occasioni su numeri unici. Preziosa è la sua Guida di Empoli illustrata.

 

Viaggiò, a’ tempi della giovinezza e della virilità, in Egitto, Palestina, Grecia, Turchia, Austria, Germania, Inghilterra, Svizzera, Francia, Spagna, ecc. e di ciò che più l’aveva colpito dette ragguaglio per mezzo d’ interessanti e garbate conferenze, in Empoli e fuori: alcune delle quali mandò poi alle stampe. Particolarmente notevoli i volumetti: Santa Sofia di Costantinopoli, Carthago, Troia ed Atene.

Negli ultimi anni pubblicò in belle e splendide edizioni Il Primato eterno di Roma, II Soldato Romano, L’Agricoltore Romano, L’Oratore Romano; volumi in cui vibra alta la nota patriottica e, quasi ad ogni pagina, erompe un grido d’ammirazione per il Duce e per la nuova Italia.

E, come negli scritti, così nella orazione, Egli fu sobrio, purgato, forbito, opportuno nello scegliere il tono, sia che parlasse dalla cattedra della  « Pro Cultura »  sia che parlasse dal pergamo.

E quando si rivolgeva al popolo per erudirlo nelle cose di Dio gl’intendenti trovavano che il miglior succo dei Padri e dei Dottori era offerto da lui in una forma pura ed eletta, ma piana, tale da essere agevolmente compresa da ogni ceto di ascoltatori.

Nel che sta il non facile segreto di chi voglia predicare con frutto e non contentarsi soltanto di percuotere le orecchie come un cembalo sonante.

Pronto sempre ad accorrere al letto degl’infermi e degli agonizzanti, sollecito nel lenire le sofferenze dei diseredati dalla fortuna, fu altresì generoso di ammaestramenti e consigli a quanti lo elessero a guida delle loro coscienze; ai giovani più specialmente, che, assetati di verità religiose e credenti nei fulgidi destini d’Italia, trovarono in lui un impareggiabile direttore di spirito.

Tra le molte distinte famiglie, che si onorarono di aver frequente consuetudine col pio e dotto Monsignore, rammento quella dei Conti Foscari di Venezia, il cui baldo rampollo, Annibale, – vittima dell’ odio bestiale di un senza-patria – consacrò, in Firenze, la sua fede fascista con 1a effusione del giovane sangue.

A Mons. Bucchi, teologo e letterato, dedicava Luigi Mannucci, or sono più di trent’anni, uno dei suoi indovinati Medaglioni:

 

Per fuoco ed acqua oppositi e contrari

varca l’orribil mostro e terre e mari:

così Tu in alto avanzi per la rigida

e sottil sapienza di tomista

congiunta con l’ ardor dell’ umanista!

 

Il Bucchi proseguì degnamente la nobile tradizione della sua famiglia, che già in Ulivo, l’avo paterno di lui, ricordato con onore dai letterati e da Lorenzo Neri, di solito parco nel lodare, dichiarato – come rammenta Mauro Ricci ne L’allegra filologia – maestro « che in fatto di latinità ne sapeva assai », vantò un erudito e acuto commentatore delle bellezze dei classici.

È anc’oggi vivo nella nostra memoria il consentimento unanime di quanti intesero, nel 1912, anno venticinquesimo del suo ministero parrocchiale, testimoniare all’amato Proposto, la loro affettuosa devozione: le numerose adesioni alle onoranze, pervenute da uomini che nelle lettere, nelle scienze e nelle arti, danno lustro alla Patria, dissero con la eloquenza dei fatti quel che la parola non sa né può esprimere.

L’indimenticabile Segretario della nostra Società Valdelsana Can. Michele Cioni, antico condiscepolo del Bucchi, gli dirigeva, in quella occasione, una vibrante epistola latina, fiorita di classiche eleganze, nella quale – ricordati, tra l’ altro, i tempi difficili in cui si era svolto e si andava tuttora svolgendo il ministero del collega amatissimo (« in varium rerum discrimen tot annos magno cum honore non facile mehercule! contulisti officium tuum ») esprime, in ultimo, il fervido voto che Dio voglia conservare a lungo una vita così pregiata per tante virtù, « ne Ecclesiae suae manus ingeniumque optimi divinarum rerum administri desint. »

« Optimus rerum divinarum administer »:

la frase è di una concisione felicemente lapidaria. Basti qui ricordare, onore del Bucchi, che il dottissimo domenicano p. Agostino Bausa, come lo aveva avuto, in Seminario, prediletto discepolo, così, divenuto Cardinale ed Arcivescovo di Firenze, degnò lui parroco della considerazione più alta.

Monsignor Bucchi fu delle prerogative del suo ministero tenace e geloso assertore; non tollerò intrusioni in sagrestia di laici invadenti e pettegolanti, nemmeno se cotestoro (anzi, tanto meno in tal caso) avessero, a torto o ragione, vantato il monopolio di tartufesche influenze tentacolari in sfere di più o meno alta postura

Gente dalla veduta corta di una spanna poté scambiare la fermezza con la ostinazione, la dignità con l’orgoglio. Integer vitae scelerisque purus, Egli ebbe la coscienza di aver compiuto il suo dovere: questa sola soddisfazione fu a lui sufficiente.

Certo, quel suo carattere alieno da opportunistici accomodamenti; quella natural ripugnanza (indizio d’animo elevato) a procacciarsi simpatie in basso, fraternizzando a scopo di facile popolarità, o in alto, piaggiando e adulando col miraggio di eventuali probabili ascensioni; e infine – non dimentichiamo neppur questo – quel suo singolare attaccamento alla Terra natale, di cui si compiaceva di aver illustrato e valorizzato le belle opere d’arte sin allora neglette o non troppo apprezzate dai più, lo allontanarono dal realizzare aspirazioni che, dopo tutto, in un soggetto con tanti requisiti d’ingegno e di cuore sarebbero apparse naturalissime.

Né se ne dolse. Senza rammarico, diremmo quasi con compiacimento, si vide avanzato nella scala gerarchica da Sacerdoti pur degni, che Egli stimava ed amava con affetto di maestro e d’amico, ma che superava di non poco per profondità di sapere e genialità d’ intelletto.

Sereno come un saggio antico, d’aspetto dolce insieme ed austero, arguto spesso ma sempre col grano dell’attico sale, tenne con dignità e decoro il posto assegnatogli dalla Provvidenza e in esso fino all’ultimo apparve, e fu, modello, universalmente ammirato, di senno e di rettitudine.

Ho detto or ora del suo singolare attaccamento alla Città che lo vide nascere.

Ricordo, a tal riguardo, con quale viva simpatia il venerando vecchio pregiasse le nobili fatiche degli amici Corrado Masi, Olinto Pogni ed Emilio Mancini, e le mie modestissime, intorno ad argomenti di storia empolese, allo scopo d’illustrare cose e uomini di casa nostra.

Il Bucchi, da parte sua, aveva dato l’esempio; il terreno era pressoché inesplorato: fu lui il primo ad avventurarvisi con esito lusinghiero, e il vedersi compreso e seguito da persone a cui portava stima ed affetto, gli empiva il cuore di gioia.

Ogniqualvolta in questi ultimi anni, parlando col Bucchi, m’intrattenni su quanto in proposito aveva fatto o ispirato ad altri di fare, vidi i suoi occhi luccicar tra le lacrime: così fortemente e dolcemente un tempo lo stringeva la carità del natio loco.

Con Alberto Castellani, con Giovanni Boeri, con Gennaro Bucchi che, per quanto in campi diversi, lasciarono orma di sé profonda e duratura, abbiamo perduto, in breve volger di tempo, tre uomini dei quali non Empoli soltanto si onora, ma l’intera Nazione.

Oggi noi c’inchiniamo reverenti dinanzi alla salma di Monsignor Gennaro Bucchi. Non sia dimenticato che è stata non piccola gloria per Empoli l’aver avuto un Pastore di tanta sapienza e bontà: sarà per Empoli un dovere – e allo zelante e dotto Vicario della Collegiata, Don Pierazzoli, successore degnissimo dell’Estinto, sta il prendere la iniziativa – il conservare nel suo maggior tempio, vicine a quelle degl’indimenticabili Proposti empolesi Michele Del Bianco e Giuseppe Bonistalli, le spoglie del venerato Concittadino, del Sacerdote intemerato, dell’illustre Membro della Università Teologica Fiorentina, che fu – non esitiamo a dirlo – tra i Prelati più sapienti, non solo del Clero dell’Archidiocesi e della regione, si bene del Clero d’ Italia.