PER IPPOLITO NERI
di Vittorio Fabiani
da: Miscellanea Storica della Valdelsa
Anno XXV, fasc. 1, 15 maggio 1917
Il prof. EMILIO MANCINI in un suo articolo: Un neutralista ed un interventista d’ altri tempi, pubblicato su Il Marzocco dell’ 11 marzo 1917, discorrendo i briosi e piacevoli versi de La Presa di Samminiato, tratteggia il beato panciafichismo del poeta empolese Ippolito Neri, che, vissuto sotto il governo di Cosimo III (il penultimo Granduca mediceo, molto geloso del suo titolo di Canonico di S. Pietro e molto desideroso di vivere in pace con Dio, coi santi e cogli uomini), scioglieva inno tradizionale alle « tre volte felice età dell’ oro…. perché non usava ancora in terra quel mestieraccio porco della guerra »: e di contro, come per antitesi, traccia il profilo di un altro empolese, Vincenzo Salvagnoli, insigne giureconsulto, economista e statista, il quale «anzi credeva la guerra unica panacea per guarir l’Italia da’ molti suoi mali ed esaltava in prosa e in rima quel Bonaparte che della guerra fu maestro e donno ed anche il nipote di lui che la guerra venne a portare fra noi ».
Nel numero successivo (18 marzo) dello stesso Marzocco, sempre a proposito di « Un neutralista d’ altri tempi » il dott. Vittorio FABIANI, non ostante si accordi col Mancini nel credere che Ippolito Neri, burlando, si confessi nelle ottave eroicomiche, da lui composte per diporto e — si noti — rimaste inedite fino a cinquant’ anni dopo la sua morte (e sia pure che, come per altri, così per questo particolare della tiritera gli abbia suggerito lo spunto il Malmantile del LIPPI:
«La guerra che in latino è detta bello, par brutta a me in volgar per sei befane ecc. », presenta il poeta empolese sotto l’ aspetto meno noto del lirico eroico, imitatore del Filicaia e del Testi, che, ne’ Saggi di rime amorose, sacre ed eroiche (Lucca, Ciuffetti, 1700), pubblicò canzoni e sonetti, ispirati ai più strepitosi avvenimenti politici e guerrieri dell’ epoca sua (anche nel Cod. n.° 260 della Marucelliana e nel Cod. magliabech. VII, 9, 523 si trovano composizioni neriane di specie siffatta), ed ebbe, per questi suoi carmi, non mediocre nominanza tra i dotti del tempo: uno dei quali, Lazzaro Benedetto Migliorucci in altisonanti esametri si felicitava col Neri, che aveva avuto da Febo tal divina virtù da potere, «si quid foret ore sonandum, Ingenti, arma, acies, Martenque aequare canendo» .
Il Periodico empolese Il Piccolo Corriere del Valdarno e della Valdelsa ha riprodotto l’articolo del Mancini nel n.° del 1° aprile, e quello del Fabiani nel n° 15 dello stesso mese.
V.F.
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