La Pagina Azzurra

Il diabolo

 

di Emilio Mancini (Pinguino)

da: Il Piccolo 15/5/1910

Il diabolo, che quando venne al mondo, in Francia, si chiamò le Jeu du diable, è un gioco nuovissimo… d’un secolo fa. Non sto a descriverlo, tanto esso è ormai noto; solo dirò che è tutt’altro facile ad impararsi; occorre molta pazienza e destrezza, ma quando si è imparato, sembra desti tanto entusiasmo da non lasciarlo più.

Ne volete la storia? Eccovi serviti.

Dovete sapere dunque che il diabolo è stato importato dalla Cina, come tanti altri giuochi antichissimi: la dama, gli scacchi, il trictrac, il lanzichenetto, il baccarà, ecc., e comparve in Francia, introdottovi da un missionario, nel 1812, oggetto di passatempo non pur di fanciulli, ma delle dame più eleganti e dei personaggi più serii, che si sforzavano di segnalarsi per la loro abilità in questo giuoco, con gran pericolo degli specchi dei salotti dorati e anche della testa dei passanti.

Molti, svariati e complicati sono gli esercizi che si posson fare con il diabolo, i quali sarebbe troppo lungo e tedioso descrivere, come sono divertenti a vedere, se eseguiti bene.

Da tre anni questo grazioso giuoco è di gran moda, resuscitato da quella arbitra delle eleganze mondane che si chiama Parigi, capace anche di ben altre … diabolerie.

Ora gli industriali l’hanno perfezionato; al legno duro hanno sostituito la celluloide e l’hanno munita di gomma, perché non rompa la testa e i mobili cadendo, e vi è persino chi ha costruito il Diablo-pneu, cioè un diabolo fatto di due camere d’aria, legate fra loro da una doppia capsula di alluminio; cadendo, questo diabolo rimbalza come una palla.

E’ un giuoco salutare, perché richiede destrezza e spirito di precisione, e come tale soddisfa ai bisogni della società attuale, e infine allarga il petto ai bimbi che giuocano all’aria aperta e respirano bene, ed educa l’occhio alla prontezza.

Sia dunque il ben venuto il giuoco cinese-parigino, purchè non venga ad ammaccarci un occhio o la noce di un piede, chè allora sarebbe proprio il caso di mandarlo… al diabolo