Vincenzo Salvagnoli a Milano nel 1848
Articolo del Piccolo, 9 aprile 1916
La prima notizia che Milano era insorta contro gli austriaci giunse a Firenze il 21 Marzo 1848, quando già per le strade della città lombarda da tre giorni si combatteva la lotta iniziatrice della prima guerra dell’indipendenza.
Il governo granducale era presieduto dal Marchese Cosimo Ridolfi, il Gonfaloniere di Firenze era il Barone Bettino Ricasoli.
Il Ricasoli, non potendo in altro modo mostrarsi solidale coi Milanesi, volle onorare la città ribelle con un solenne « Te Deum », cantato dall’Arcivescovo alla presenza di una folla innumerevole. I lombardi ed i veneti residenti in Firenze intervennero alla cerimonia in S. Maria del Fiore con le bandiere dei loro comuni.
Ma il Ricasoli non fu pago finché il 28 Marzo il Civico Magistrato non ebbe deliberato ad unanimità di collocare sotto la Loggia dell’Orcagna lo stemma della città di Milano ed un’iscrizione a ricordo delle Cinque giornate, di dichiarare festa patria il giorno della inaugurazione dello stemma; di conferire la cittadinanza onoraria fiorentina ai membri del Governo provvisorio di Milano; d’inviare a Milano una speciale Commissione, con l’incarico di presentare al Governo il decreto del Comune di Firenze e i diplomi di cittadinanza.
Ma Bettino Ricasoli, in seguito ad alcuni ostacoli frapposti dalla burocrazia granducale, per rompere ogni indugio, decise che l’omaggio del Comune di Firenze, in un modo qualunque, dovesse essere presentato ai membri del Governo provvisorio di Milano, ed a questo scopo pensò di valersi dell’opera di alcuni fiorentini che già erano lontani da Firenze; si rivolse perciò a Vincenzo Salvagnoli, che si trovava a Milano, e al fratello Vincenzo, che si trovava a Modena, accennando, in molte sue lettere, alla nota deliberazione, ai diplomi che non erano mai pronti, e parlando di difficoltà (senza dir quali) che incontrava.
Il 6 Aprile scrisse al Salvagnoli:
« … Prima che sieno fatti i diplomi di cittadinanza per i componenti il Governo provvisorio di Milano, preveggo che si va in lungo; chissà quante difficoltà insorgeranno a dilungare ancora, ecc., e la cosa si farà rancida. Così penso di lasciare diplomi di cittadinanza a quando saranno fatti, che li manderemo privatamente; intanto limitarsi a fare la presentazione formale della deliberazione, che si va copiando. Ma per presentare questa occorre che sia sanzionata nelle parti che dispone. Aspetto a ogni istante questa sanzione. Frattanto te ne mando una copia liscia, della quale ti servirai come credi meglio. Ti dico in confidenza che al Casati una copia simile gli sarà rimessa dallo Zobi ».
E due giorni dopo, sempre al Salvagnoli:
« Ti scrivo di Magistrato dove mi trovo in adunanza, nella quale sei stato eletto uno dei Deputati a presentare a codesto Governo provvisorio la deliberazione del Municipio di Firenze; l’altro tuo collega è Cencio mio fratello, così a partire da Milano tu aspetterai ad avere compito questo degno incarico, che saprai altrettanto degnamente compire. Intanto te ne scrivo l’annuncio. Spero di poter mandare la pergamena a Cencio a Modena, giovedì prossimo ».
Scorrendo l’epistolario di Bettino Ricasoli, si apprende che il 20 aprile, probabilmente per un ritardo postale, Vincenzo non aveva ancora ricevuto la deliberazione, che gli era stata spedita fino dal 14, e ne chiedeva conto al fratello. Finalmente la Commissione fiorentina, composta da Vincenzo Salvagnoli, Vincenzo Ricasoli, ai quali si era unito anche l’artista Luigi Sabatelli, già da tempo residente a Milano, il 25 aprile 1848, presentò al Governo provvisorio l’indirizzo e la deliberazione del Municipio di Firenze, e il giorno stesso annunziò al Gonfaloniere Ricasoli di avere adempiuto l’incarico.
Gli indugi frapposti, però, fecero nascere un equivoco che nessuno, in quel tempo di entusiasmi, rilevò. La deputazione fiorentina (senza averne colpa) presentò la deliberazione del Magistrato Civico di Firenze, non più ai membri del Governo provvisorio della città di Milano, ai quali era stata legalmente conferita la cittadinanza fiorentina; ma la presentò ai componenti il Governo provvisorio centrale della Lombardia, i quali tutti firmarono l’indirizzo di risposta, ringraziando
« della particolare onorificenza di che vi piacque (ai fiorentini) essere cortesi alle nostre persone ».
I diplomi di cittadinanza, poi non furono più mandati, neppure privatamente, come si era proposto di fare il Ricasoli, e del mancato invio fu forse causa l’equivoco riferito oppure il precipitare degli eventi sfavorevoli. L’Austria, prostrato il Piemonte a Novara, restaurava i governi assoluti e Leopoldo II, protetto dalle baionette tedesche, lacerava la concessa Costituzione.
E proprio qui in Empoli, il generale austriaco D’Aspre lanciava il famoso proclama, che suonava minaccioso contro ogni velleità di riscossa liberale.
Queste notizie ho voluto ricordare dopo aver letto nel Marzocco (numero 12) un articolo scritto da Vittorio Venturi nell’anniversario delle Cinque Giornate.
Lascia un commento