Breve storia di quattro secoli
da:
Ave Regina, numero unico edito a cura del Comitato empolese costituitosi per festeggiare la solenne incoronazione della venerabile imagine della Madonna del Pozzo
Empoli, 26 Maggio 1929
Prezzo: L. 2
Dai primi decenni del Cinquecento ad oggi la soave immagine di Maria, spirante ingenua grazia dal povero tabernacolo fuori dell’antica Porta Fiorentina, ha veduto intorno a sé crescere il fervore e le cure degli empolesi.
Ogni secolo poi ha portato intorno a Lei un nuovo ornamento, un nuovo omaggio tradotto dall’arte in opere di bellezza semplice e viva.
Dove ora sorge la Chiesa della Madonna del Pozzo si trovava un tempo l’osteria della Cervia, composta di sei camere, una sala, una cucina e bottega di proprietà dell’Opera della Pieve, alla quale la lasciò Pietro di Donato di Pierone di Castelfranco di Sopra l’anno 1441 con lire 300 di masserizie.
Presso l’albergo, sulla via, si apriva un pozzo d’acqua limpida, sopra il quale era, incavato nel muro, un tabernacolo con l’immagine della Madonna col Bambino, colorita a fresco, e a piedi di essa S. Jacopo e S. Antonio abate.
La pia leggenda narra che un giocatore, incollerito per la sua disdetta al giuoco delle bocce, bestemmiando le scagliò una palla, colpendola nel ciglio destro, ove si formò una macchia dall’aspetto di livido.
Nel 1522 l’albergo bruciò, ma il tabernacolo restò intatto. Onde grande commozione tra i fedeli, i quali, desiderosi di togliere la Vergine da quel luogo indegno, fecero istanza alla Compagnia di S. Andrea che vi fabbricasse una chiesa per venerarvi l’Immagine prodigiosamente scampata al fuoco.
Fu allora costruito un modesto Oratorio, quale si può vedere nel noto dipinto di Giorgio Vasari, raffigurante – nella sala di Clemente VII in Palazzo Vecchio – il castello di Empoli assediato dagli Imperiali durante il memorabile anno 1530.
Nel 1621 veniva costruito in mattoni dall’empolese Andrea Bonistalli detto il Fracassa il tempietto ottagonale con le arcate cieche, il quale per la semplicità e l’elegante sobrietà delle linee sembra un tardivo fiore del Quattrocento piuttosto che spuntato all’apparire del pomposo e pesante Seicento. Evidentemente il valente Maestro provinciale si attardava con paesana lentezza sugli esemplari della buona tradizione.
Del medesimo architetto e del medesimo anno – o almeno allora ebbe inizio – è il loggiato in bell’ordine toscano, di 19 colonne di pietra, che cinge da tre lati il sacello.
Maestro Andrea di Simone Bonistalli conta in Empoli o nel vicino Pontorme altri lavori pregevoli, ma la cupoletta svelta e rosseggiante di Piazza Vittorio Emanuele rimane il suo capolavoro di buon gusto, tanto più mirabile in un secolo in cui esso era soffocato tra i cartocci e le arditezze del barocchismo.
Molto tempo dopo la cupola « bene intesa e di magnifica struttura » – come fu detta – venne innalzato il campanile a torre: sul fronte di esso infatti un’iscrizione latina scolpita in una lastra di pietra serena c’informa che fu eretto nel 1795 dalla Compagnia del Suffragio su disegno dell’ ing. Giuseppe Boccini di Firenze.
Le tre campane con iscrizioni, figure di santi e lo stemma dell’Opera S. Andrea portano la data del 1797. Furono consacrate il 13 Agosto di quell’anno da Mons. Antonio Martini, arcivescovo di Firenze, illustre traduttore della Bibbia.
Un nuovo organo, opera dei Tronci di Pistoia, venne acquistato nel 1802. Recentemente, nel 1913, la Confraternita del Suffragio, istituita nel 1651, volle aggiungere nuove benemerenze alle antiche.
Addossato all’ottagono era un fabbricato che deturpava l’edifizio del Fracassa e sporgeva con infelice aggetto sulla Via Roma. Ebbene, la cupola venne isolata e resa al pristino stato; inoltre l’interno fu abbellito con pavimento marmoreo, fu riaperto l’occhio sulla facciata come era in origine ed ampliata la sacrestia.
Il tempietto della Madonna del Pozzo, modesto, ma non senza una sua eleganza singolare, attesta dunque in ogni suo incremento il posto sempre più grande che prese via via nel cuore degli Empolesi.
Sotto il suo loggiato riposano due cittadini insigni: Luigi Busoni, che fu maire al tempo del dominio napoleonico e che – così l’epitafio – « qui fu tumulato il primo come a designare il luogo del sepolcri per i cittadini benemeriti » e il dottor Gaspero Susini, morto nel 1846, per il quale scrisse l’elogio e l’epigrafe il Marchese Cosimo Ridolfi, Gonfaloniere del nostro Comune.
Così attraverso le secolari vicende, attorno al tabernacolo fuori Porta Fiorentina brillò una luce sempre più chiara e diffusa. Salvata dalle fiamme devastatrici, la pia Immagine trasse splendore dalla mistica fiamma della fede.
Colpita, in tempi infelicissimi, dalla mano incosciente di un empio, oggi, dopo quattrocento anni, mentre abbraccia nella cerchia de’ suoi sicuri confini quasi tutti i suoi figli – che poca gente ormai ci si disira – riceve sulla fronte offesa l’aurea corona di Regina.
Su quella piazza che già fu « il Prato della Madonna », presso i bastioni battuti dal furore delle soldatesche spagnole, là sul vecchio Campaccio dove bivaccarono nel ’49 le truppe croate ebbre di Novara e delle stragi di Livorno, si slancia ora nel sole dell’ Italia rinnovata la Vittoria di Vittorio Veneto.
Ed Empoli da ogni parte si dilata, non più costretta dalla cintura delle mura castellane, non più soltanto « urbi simillimanmagnae » ma già degna dell’ambito nome di città.
Nel corso dei secoli avvenire, come nei passati, possano i nostri figli vedere, insieme a quelle del Santuario, le maggiori fortune della grande e della piccola Patria, cresciute nella gloria e nella prosperità sulla via della giustizia, che è il fondamento dei regni, della concordia, che è la forza dei popoli, della pace, di cui negli anni dell’aspra guerra Tu fosti detta Regina, o Maria.
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