di Paolo Pianigiani

 

 

Mi chiama Leonardo, il mio amico che bada la Collegiata il giovedì, e mi fa:

– Paolo, devo rifare i santini della Madonna del Pozzo, che son finiti… hai nulla?

– Fammi guardare, qualcosa mi par di avere…

Mi ricordavo che Andreina tempo indietro mi aveva mandato alcuni documenti dal suo archivio di famiglia, che riguardavano la nostra Madonna del Pozzo.

In particolare mi ricordavo di un santino, che Emilio Mancini, suo padre, teneva nel portafoglio, in tutti i suoi spostamenti per lavoro, essendo molto devoto alla Madonna del Pozzo, sacra e miracolosa per tutti gli empolesi.

I santini sono piccole stampe alla buona, non sempre rispondenti nei dettagli agli originali, da utilizzare per le preghiere e per invocare protezione dal proprio santo di fiducia, a cui rivolgersi nelle avversità e nei momenti bui che tutti abbiamo, nella vita.

La mamma di Dino Campana, il grande poeta di Marradi, era solita infilar santini fra i libri e le carte del figlio, sperando in qualche illuminazione divina. Ne inviò uno allegato a una lettera anche a Sibilla Aleramo, invitandola ad aver pazienza con quel suo figlio così disgraziato.

Nel nostro caso il santino di Emilio è risultato prezioso, perché unico e di migliore qualità fra quelli disponibili per la riproduzione. Don Guido, informato delle ricerche, ci dà il via libera e partiamo con la stampa. Sono 500 anni dal Miracolo della Madonna del Pozzo, verrà il Cardinale Betori a dir messa in piazza della Vittoria, i santini li vorranno tutti.

E’stata l’occasione di approfondire la storia di questa immaginetta, che a partire ai primi del 900 è stata più volte ristampata. Andrea Marmugi, attuale sagrestano della chiesina di piazza della Vittoria, ci ha fatto vedere tutta la serie, che si conserva in archivio. Quello di Emilio non c’è.

E’ riapparso dopo tanti anni a ricordare la fede che un grande empolese ancora ci testimonia.

E subito è apparso chiaro che la foto che servì per la stampa non era stata fatta all’affresco originale della Madonna con il Bambino, con San Giacomo e Sant’Antonio Abate, ma alla copia a tempera che fu fatta, sembra, da un padre scolopio pittore, e che si conserva ancora presso gli Scolopi, qui da noi a Empoli. Anzi la Messa di Piazza è stata fatta proprio davanti a quel dipinto, recuperato apposta, e che per fortuna si è conservato intatto dopo 100 anni.

 


 


                                    

Per me, che considero Emilio Mancini mio maestro di storia Empolese, per la serietà del suo metodo di lavoro e la chiarezza elegante della sua scrittura, è stata una grande emozione ridare vita a quel lontano e unico santino, che è rimasto fra i ricordi di famiglia per 76 anni.

Emilio morì infatti a Lucca, dove era stato trasferito come Provveditore agli Studi fin dall’aprile del 1947. Benché sfinito dalla malattia lavora per l’apertura dell’anno scolastico fino a mezz’ora prima di morire (6 ottobre 1947).

Pochi giorni dopo Corrado Masi così lo ricorda in una lettera al comune amico Vittorio Fabiani:

 

Roma 16 ottobre 1947

Carissimo Vittorio, ho ricevuto ieri la partecipazione della morte del povero Emilio e mi sento ancora annichilito dalla terribile notizia. Morto Emilio! Non ci posso pensare, non posso rendermene conto, non posso abituarmi a saperlo scomparso per sempre.

Caro e buon Emilio, compagno di tante lotte, fratello più che amico, col quale si poteva aprire il cuore con la certezza di una piena e larga corrispondenza d’affetti, di un’immediata e generosa comprensione, di competenti apprezzamenti e di giudiziosi consigli: anima nobile, pura e schietta, cuor d’oro, coscienza rettissima, intelligenza potente e lucida, vastissima cultura nei più diversi campi dello scibile, e con tutto questo una modestia, una ritrosia a mettersi in mostra, un candore ingenuo, una congenita signorilità di sentimenti, di tatto, di gusti, che ce lo faranno sempre piangere e rimpiangere.

A presto, un’altra mia lettera. Oggi, con la pena in cuore, mi manca la forza di continuare…… E vogliamoci sempre più bene; siamo rimasti pochi, pochi.

 

Un abbraccio fraterno,

Suo Corrado Masi